Puntare su tecnologia, igiene e sicurezza anche sacrificando la velocità del servizio. È la ricetta con cui i ristoratori dovranno fare i conti dopo il terribile lockdown di questi mesi. E guardare con occhi nuovi al futuro. E se il settore è stato finora improntato verso la qualità e la velocità del servizio, l’accento nel “dopo Covid” dovrà spostarsi verso aspetti diversi. I locali dovranno essere tutti riorganizzati in ogni angolo, garantendo un ricambio d’aria continuo e percorsi di uscita e di entrata ordinati per ridurre al minimo il contatto tra le persone. Ma soprattutto per il servizio al tavolo, bisognerà ricercare modi nuovi per applicare le disposizioni di legge e le eventuali lamentele che potrebbero essere sollevate dai clienti: distanziamento sociale e suddivisione degli spazi in sottosezioni, piatti e bicchieri puliti al tavolo, servizi di pagamento per evitare code e affollamenti.
Nuovi ingredienti, insomma, necessari per provare a recuperare il tempo perduto. Il settore della ristorazione, del resto, è fra i più colpiti e con ogni probabilità anche in futuro subirà l’impatto più significativo nella propria organizzazione. E così in queste settimane, gli operatori dovranno mettere in piedi un nuovo business model orientato alla clientela e alle norme di sicurezza.
I clienti
Bisognerà restare concentrati sui clienti, che rischiano di essere persi di vista dal momento in cui si lavora per garantire la continuità aziendale, ma con nuove forme di attenzione. Il comportamento del cliente dovrà essere guidato anche nella coda lunga prevista per il futuro. Percezione di sicurezza e igiene restano i pilastri di questo nuovo modello. Punti che si aggiungono alla certezza della filiera della qualità del cibo: in definitiva il cliente dovrà maturare la certezza di scegliere un prodotto di qualità in un luogo sicuro.
Migrazione accelerata da “on-premise” a “off-premise”
Il termine off-premise include l’insieme dei servizi e tecnologie per incentivare il consumo di cibi e bevande fuori dai locali commerciali. Il vecchio concetto di “asporto” e “take away”, quindi assume una nuova forma e soprattutto guadagna posizioni importanti rispetto al valore economico dell’attività. Perché la ristorazione classica avrà un ritorno alla redditività significativamente più lungo: una parte dei clienti tornerà celebrando la fine della quarantena, una parte significativa potrebbe non tornare alle normali attività di ristorazione, quindi sarà fondamentale creare un nuovo modello economico, attraverso una riprogettazione dei menu, adattandoli alla strategia di “transport-friendly”. Fondamentale, quindi, sarà la pausa pranzo con una lunch boxoppure la promozione e la pianificazione di eventi con catering per il B2B.
Food delivery
Secondo i dati riportati dall’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano e di Netcomm, il food delivery è presente nel 93% delle città italiane che contano oltre 50.000 abitanti. Nel mercato americano del delivery, secondo App Annie, le app più diffuse per la spesa negli Stati Uniti hanno raddoppiato i download nella settimana dell’8 marzo rispetto alle precedenti, con una crescita di acquisti decuplicata. Secondo una ricerca McKinsey, inoltre, il mercato mondiale del food delivery si attesta oggi intorno a 83 miliardi di euro, l’1% dell’intero mercato alimentare crescendo – in periodi pre covid – con un tasso annuale del 3,5%, uno dei tassi di sviluppo più alti del settore. E le prospettive appaiono altrettanto rosee: il food delivery, infatti, sembra destinato a valere il 25% dei ricavi delle attività di ristorazione. Sicurezza, e igine, quindi dovranno sposare l’innovazione e la tecnologia. E dovranno farlo in fratte: di tempo ne è già trascorso toppo.